Le memorie di Maigret by Georges Simenon

Le memorie di Maigret by Georges Simenon

autore:Georges Simenon [Simenon, Georges]
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
Tags: poliziesco
editore: Adelphi - gli Adelphi (Le inchieste di Maigret)
pubblicato: 2000-02-29T23:00:00+00:00


5 - Nel quale si parla, un po’ alla rinfusa, di scarpe chiodate, «apaches», prostitute, sfiatatoi, marciapiedi e stazioni.

Anni fa, a qualcuno di noi venne l’idea di fondare una specie di club, o meglio di organizzare una cena mensile, che doveva chiamarsi la «Cena delle scarpe chiodate».

Ci riunimmo per parlarne alla brasserie Dauphine, bevendo un aperitivo. Discutemmo a lungo per stabilire chi vi sarebbe stato ammesso e chi no. E ci chiedemmo molto seriamente se gli altri, quelli di rue des Saussaies, potessero essere considerati dei nostri.

Poi, com’era prevedibile, non se ne fece niente. Il soprannome di «scarpe chiodate» ci era stato affibbiato un tempo da certe canzonette satiriche, e i giovani ispettori diplomati di fresco utilizzavano tra loro questa espressione per designare i vecchi colleghi venuti dalla gavetta. Dal canto nostro, noi commissari della vecchia guardia - e all’epoca eravamo ancora almeno in quattro - ne andavamo piuttosto fieri.

Una volta, infatti, ci volevano anni per guadagnarsi i galloni e non bastava sostenere gli esami. Prima di poter aspirare a una promozione, un ispettore doveva aver consumato le suole delle scarpe praticamente in tutti i servizi.

Non è facile dare alle nuove generazioni un’idea quanto meno approssimativa di ciò che questo comportava.

«Scarpe chiodate» e «baffoni» erano definizioni che venivano alle labbra in modo del tutto naturale quando si parlava di poliziotti.

Anche a me è toccato portare per anni scarpe chiodate. Non per piacere. Non perché - come sembravano insinuare i caricaturisti - noi agenti considerassimo quel tipo di calzatura come il massimo dell’eleganza e della comodità, ma per ragioni più prosaiche.

Per essere precisi, le ragioni erano due. La prima, che il nostro stipendio era appena sufficiente a sbarcare il lunario, come si suol dire. Spesso sento ricordare la vita allegra e spensierata dei primi anni del secolo. I giovani parlano con invidia dei prezzi di quell’epoca: sigari a due soldi, cena con vino e caffè a venti soldi. Ma si dimentica che un funzionario all’inizio della carriera guadagnava poco meno di cento franchi.

Quando pattugliavo le strade, mi capitava di macinare chilometri e chilometri di marciapiedi in una giornata, con qualunque tempo. E spesso una giornata significava tredici o quattordici ore filate di servizio.

Questo spiega perché la risolatura delle scarpe fu uno dei nostri primi problemi coniugali. Quando, a fine mese, portavo a casa lo stipendio, mia moglie divideva il denaro in tanti mucchietti.

«Per il macellaio… Per l’affitto… Per la bolletta del gas…».

Alla fine, nell’ultimo mucchietto, restavano solo pochi spiccioli.

«Per le tue scarpe».

Il sogno era sempre quello di acquistarne un paio di nuove, ma ce ne voleva prima di poterlo realizzare. Spesso stavo settimane intere senza confessarle che, tra un chiodo e l’altro, le mie suole bucherellate bevevano avidamente l’acqua delle pozzanghere.

Se ne parlo adesso non è per recriminare, anzi lo faccio con allegria e perché credo serva a dare un’idea di com’era realmente la vita di un funzionario di polizia.

I taxi non esistevano e, anche se le strade ne fossero state piene, per noi sarebbero stati comunque inaccessibili, come lo erano le carrozze, di cui ci servivamo solo in rare occasioni.



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